PACKAGING

“Packaging” era un termine diventato sinonimo di produttività, ingegno e progresso. Progettare un involucro destinato a contenere un prodotto era diventato motivo di orgoglio, lo scopo di ogni designer per dimostrare la propria creatività. Oggi la plastica è entrata a far parte di un meccanismo perverso che sta portando l’umanità a soffocare nel suo stesso veleno autoprodotto, a circondarsi di cumuli di rifiuti, a continuare a produrre quel materiale indistruttibile di cui siamo ormai sopraffatti. Ma rappresenta altresì l’impacchettamento dell’uomo in una spirale perversa che lui stesso ha creato, fino a farlo soffocare nel suo stesso prodotto.

Ho usato l’immagine della donna come metafora, a sua volta protagonista di questo processo, avviluppata e soffocata dall’ignoranza e dalla violenza, imprigionata ancora una volta a causa dei pregiudizi e dell’arroganza di una certa parte dell’umanità.

Ma voglio ancora credere e sperare che lei e la parte di quell’umanità che ancora sa lottare e capire il valore incommensurabile della vita, possano ribellarsi a questi organismi subdoli e perversi e ritrovare una via d’uscita che possa farci riappropriare di quella dignità, rispetto e giusta dimensione di cui ogni essere umano avrebbe il diritto.

Ognuno di noi, uomo o donna che sia, con ruoli e capacità diverse, è peculiare, unico e necessario.

Liberiamoci dagli imballi nei quali ci hanno avvolti. Siamo esseri pensanti. Non siamo “Packaging”.